lunedì 18 giugno 2012

I segreti del clicker

Quaderni Tecnici
di Gian Carlo Casorati

Una piccola lamella metallica attorno cui "girano" tutte le tecniche di tiro

Per parlare del clicker ci vuole coraggio, perché è l’argomento più scottante dell’arcieria. Se se ne parla all’acqua di rosa, con frasi fatte, concetti semplici senza addentrarsi nel cuore dell’argomento tutto fila liscio, ma se si esamina il problema in profondità ci si espone alle critiche più feroci. Ho visto docenti di arcieria additati per tutta la vita come incapaci per aver espresso una certa teoria sul clicker. Tra un gruppo di tecnici e tiratori si può parlare di qualsiasi problema tecnico ma è sufficiente sfiorare l’argomento clicker perché la discussione si accenda. Dal clicker sarebbe meglio stare alla larga. Già quando se ne da la definizione non si è mai d’accordo. Quando abbiamo scritto a sei mani con Spigarelli e Suk il libro sulla preparazione alla competizione non abbiamo mai avuto una discussione, uno screzio, ma quando siamo arrivati al clicker sono stati dolori. Per vari giorni non siamo riusciti ad andare avanti di una pagina e per chiudere l’argomento abbiamo dovuto raggiungere dei compromessi. Sembra impossibile che una linguetta metallica possa essere oggetto di tante discussioni. Di tutto ciò che è montato sull’arco è in effetti il congegno più semplice, se raffrontato al mirino, alla bilanciatura, ai vari accessori eppure conta mille volte di più. La sua importanza sta nel fatto che, a differenza di tutti gli altri dispositivi è l’unico che, da come lo si utilizza, determina la tecnica di tiro. Sapendo quanto la materia sia controversa, seguo da anni tutto ciò che succede ai vertici per studiarne l’evoluzione. 
Arriviamoci poco alla volta. Da tutti è ricordato con due funzioni, come misuratore di allungo e come motivazione di rilascio. In effetti fu inventato come misuratore di allungo per sostituire lo specchietto dall’uso troppo laborioso. Lo specchietto era montato inclinato sopra il supporto e si diceva "quando vedi la punta della freccia, ferma la trazione, mira e lascia andare la corda" presupponendo un’azione statica. A quel tempo parlare di azione dinamica sarebbe stato oltre che prematuro, incompreso. Il clicker inventato come misuratore di allungo si è poi scoperto con altre funzioni che hanno superato d’importanza la funzione originaria. Innanzitutto descriviamolo. È costituito da una lamella di metallo fissata sull’arco sotto cui scorre la freccia. Ne sono state costruite varie versioni oltre quella classica. Per esempio una americana costituita da un ferretto che sporge dalla finestra dell’arco e che permette un’ampia regolazione su frecce lunghe che fuoriescono dalla finestra. Oppure una più complicata che invece di battere e suonare sul riser batteva sul pollice della mano che impugna per evitare il problema causato dal riflesso condizionato, per evitare cioè di rilasciare ingannati dal suono di un altro clicker. Un’altra versione ha il doppio gradino per due livelli di controllo. Nel modello classico la caratteristica principale è che la lamina non deve essere troppo rigida altrimenti schiaccia la freccia sul bottone elastico e la fa rimbalzare lateralmente dopo lo scatto. Bisogna poi esaminare la eventualità del rilascio sottoclicker che con lamina troppo robusta e rigida porta la freccia nello zero. Ma non deve essere neanche troppo morbido altrimenti non si sentirebbe il suono, nè troppo inclinato per evitare che scatti sulla conicità della punta. Quindi nella sua semplicità deve avere certe caratteristiche ed essere ben regolato. Per alcune tecniche d’uso che vedremo più avanti il clicker deve essere visibile. Questo si ottiene ricoprendolo in parte con nastro adesivo o verniciandolo con l’accorgimento di non indebolire il suono. È molto noto un modello tedesco parzialmente foderato con materiale plastico colorato che, fra l’altro, usa per il bloccaggio al riser una vite con la testa a forma di stella molto visibile che ha richiesto l’approvazione della Fita. Non deve causare riflessi di luce, per chi tira guardandolo, quando ci batte sopra il sole. I modelli parzialmente foderati in plastica sono stati realizzati con il duplice scopo di renderli antiriflesso e offrire la scelta di una vasta gamma di colori. Per scegliere cioè il colore più adatto alla propria vista, quello che crea il maggior contrasto con il riser e la punta della freccia. La scelta del colore non deve avvenire per un motivo estetico ma pratico che richiede molte prove perché ognuno ha la propria percezione visiva. Sull’arco di riserva il clicker deve avere quindi lo stesso suono e stesso colore. Il fissaggio è altrettanto importante e quindi c’è tutta una serie di accorgimenti meccanici per evitare che si sposti. Non ci dilunghiamo oltre su questi piccoli particolari meccanici e passiamo al suo uso. Per parlarne bisogna innanzitutto stabilire dove si colloca. Questo è legato alla posizione di ancoraggio. Per la maggior parte degli arcieri l’ancoraggio ideale è quello che offre ancora un centimetro di possibilità di ulteriore estensione, o tirando o spingendo o svolgendo le due azioni assieme. Tra rotazione del braccio destro e spinta del sinistro, con la muscolatura della schiena, c’è quindi una vasta area di variazioni sull’allungo che dà luogo alle varie tecniche di uscita. È in quest’area che si posiziona il clicker, ma esattamente dove? Prima di rispondere bisogna aprire un’altra parentesi per chiarire quando e perché si monta il clicker. L’agonismo nel nostro sport attualmente e sempre più in futuro sarà quasi esclusivamente praticato da atleti che provengono dal settore giovanile, che hanno iniziato a tirare a nove o dieci anni. A quest’età la principale motivazione che rende necessaria l’applicazione del clicker è per risolvere il problema del target panic. In passato si tardava il più possibile perché era considerata, per svariati ed errati motivi, negativa la sua applicazione. Ora si applica appena il giovane arciere ha appreso i fondamentali, incomincia ad avere un allungo costante e soprattutto quando non riesce più a restare in mira perché rilascia involontariamente appena il mirino entra nel giallo. Questo significa che per tutti gli attuali e futuri tiratori di alto livello il clicker è una motivazione di sgancio più che misuratore di allungo. Dove si posiziona allora nei giovani? In genere la posizione ideale è al centro della possibilità di estensione. Se lo spazio di estensione è di un centimetro va posizionato al centro di questa corsa, per lo meno nella fase iniziale. Fin qui abbiamo esposto le cose più semplici. Adesso arriviamo al difficile, esaminiamo come si esce dal clicker. Per questo esistono le tre famose scuole che dicono che si esce dal clicker o ruotando la parte destra o estendendo la parte sinistra o facendo le due cose insieme in una infinità di gradazioni intermedie che partono da un 100% di solo sinistro (impossibile se no ci si sbilancerebbe troppo in avanti), ad un 100% di solo destro (anche questo impossibile), ad un 50% di sinistro e 50% di destro (impossibile perché bisognerebbe essere dei mostri di precisione). E quindi ecco perché si dice 70 e 30% oppure 30 e 70% oppure 50 e 50%, convenzioni di conversazione per indicare rapporti di forze che non sono misurabili. La prima scuola, quella più vecchia, la famosa Power Archery americana, nata con il clicker alla fine anni 60, diceva che si esce contraendo la schiena con il risultato di spingere con il sinistro e tirare contemporaneamente con il destro con l’arco che, dopo il rilascio, ruota a sinistra, il braccio della corda va indietro e la freccia teoricamente al centro del bersaglio perché si diceva che quando l’arco gira a sinistra la freccia è già partita. Una tecnica che attualmente a livello dei grandi non usa più quasi nessuno anche se si vedono ancora molti archi girare a sinistra. L’arco gira a sinistra solo e sempre per la contrazione della schiena. Cos’ha di superato questo modo di uscire dal clicker? Il fatto che contraendo solo la schiena, la spinta del sinistro non è in linea con il bersaglio. Che poi la freccia vada quasi sempre nel giallo, perché quando l’arco gira è già partita, è un rischio che, con i punteggi che si raggiungono oggi, non si può correre. Il tiratore moderno quando è in forma, è a posto, è perfetto, esce dal clicker con l’arco che va via diritto nella direzione del bersaglio. Si vede l’arco dopo il rilascio che fisicamente sta sospeso nell’aria perfettamente rivolto verso il bersaglio. Tutti i nostri attuali olimpionici, quando tirano bene, hanno l’arco in questa posizione dopo il rilascio. Mentre se si guardano foto di fuoriclasse degli anni 70 si nota che, con la Power Archery, l’arco girava a sinistra. All’inizio quando si è inventato il clicker non si sapeva esattamente cosa fare, lo si montava e in un modo o nell’altro si "estraeva" la freccia. La Power Archery si è inventata per dare una guida ad uscire dal clicker. Subito sono arrivati altissimi punteggi, risultati che facevano pensare di aver scoperto una tecnica insuperabile. In effetti è stata una grande scoperta che ha fatto fare un balzo avanti di cento punti nel Fita. L’uscita dal clicker avveniva all’incirca al 50 e 50% ma il punto debole stava nella rotazione a sinistra dell’arco. Tutti noi abbiamo imparato a tirare così, nel 1974, da Mario Codispoti, l’allenatore della nazionale, inviato dalla Fitarco nel Vermont (Usa) alla famosa Scuola Teela Wooket Archery Camp. A partire dalla fine anni 80 c’è stato un momento storico perché è venuta ad evolversi una tecnica molto più ragionata. Se la tecnica precedente oltre a dire come uscire dal clicker predicava grande velocità d’esecuzione, sempre negli stessi tempi, la continua ricerca di punteggi superiori ha portato a delle novità. Innanzitutto si sono allungati i tempi perché dovendo cercare a tutti i costi il dieci sono aumentati i controlli. Sono nate le finali a otto (Grand Fita Round) dove non si poteva sbagliare perché, come nell’indoor, non c’è possibilità di recuperare. Ha quindi preso piede anche per queste gare all’aperto la tecnica che per intenderci chiameremo da indoor. Il miglior interprete di questa scuola è lo svedese Magnus Pettersson, il tiratore dai grandi record indoor che, sino a prima di Atlanta, non aveva mai fatto grandi punteggi all’aperto o per lo meno punteggi equiparabili a quelli dell’indoor. La sua è una tecnica che presuppone un irrigidimento del sinistro e l’uscita dal clicker solo di destro. Pettersson ha un fisico da culturista e questo modo di uscire dal clicker gli è congeniale. Con questa tecnica la precisione diventa superiore ma è una tecnica estremamente limitata perché rischiosa all’aperto con il vento.

L’irrigidimento del sinistro, e con questo s’intende tutta la parte sinistra superiore del busto, non facilita un controllo e aggiustamento della mira in caso di vento laterale per i motivi che esamineremo più avanti. Per rimanere nei nomi che tutti conoscono per averli visti nelle riprese televisive di Atlanta, diciamo che tirano così i tre americani delle medaglie d’Oro, in special modo Bad Johnson, mentre White, che avevamo già studiato ai Mondiali Juniores, e Huish danno l’impressione di non praticare questa tecnica coscientemente. Nel primo si vede chiaramente il movimento continuo del destro ed addirittura la corda che scivola via dalle dita. Anche Johnson è stato recordman mondiale indoor. Con questa tecnica, come vedremo più avanti, ci possono essere problemi alle dita della corda; un tiratore che pratica solo indoor può usarla assumendosi i suoi rischi (tendiniti) che può ridurre abbassando il libraggio. È chiaro che parliamo di arcieri che tirano tutti i giorni. La Power Archery, quella del 50 e 50%, non è però scomparsa del tutto perché, a metà degli anni 80, è stata ripresa con alcune modifiche dai coreani e ci risulta sia insegnata tutt’ora nelle loro scuole. La modifica principale sta nel fatto che il 50% fa partire l’arco nella direzione del bersaglio dopo un’azione continua con tutti i controlli eseguiti in pochissimi secondi senza arrestarsi. Al mondo finora c’è stata una sola tiratrice che ha tirato così in modo perfetto, la insuperabile Kim Soo Nyung, tant’è vero che scendeva moltissimo, arrivava al clicker a una velocità incredibile senza arrestarsi per l’ancoraggio e se al clicker non le tornavano i controlli scendeva, altrimenti sclickerava ed era nel dieci. Altre famose coreane hanno tirato così ma senza eguagliarla. Centinaia di tiratori e tecnici hanno cercato di imitarla, molti allenatori hanno tentato di insegnare questa azione senza risultati perché è richiesto un automatismo globale quasi impossibile a trovare in un atleta. La maggior parte di quelli che hanno rincorso quella tecnica hanno creduto di praticarla mentre in realtà ricadevano nella classica soluzione del 70% braccio della corda, 30% braccio dell’arco. C’è però ancora un modo per uscire dal clicker ed è quello di farlo con il braccio sinistro, tecnica che dal punto di vista meccanico risulta la più complessa. Il primo arciere che abbiamo capito che usciva dal clicker con il sinistro è stato Mc Kinney. Qui bisogna però chiarire che stiamo parlando di movimenti millimetrici, assolutamente impossibili a vedersi ad una certa distanza, anche se rivoluzionari nel modo di tirare. La maggior parte delle persone, tecnici e arcieri, vedendo per la prima volta Mc Kinney avevano la sensazione di trovarsi di fronte ad un modo nuovo di tirare senza capire esattamente dove stava la differenza. Si è dovuto parlargli per avere la conferma di quella che era un’impressione, anche perché nelle sue varie interviste prima e articoli dopo, non ha mai detto esplicitamente come usciva dal clicker. Si vedeva che tirava in modo completamente diverso da Pace pur facendo come il compagno risultati, a quei tempi, stratosferici. La tecnica non era razionalizzata e si è impiegato un bel po’ di tempo per capirla. Si vedeva un allungo esasperato, oltre i limiti possibili, con grande rotazione del braccio della corda e, in un secondo tempo, un’uscita dal clicker di sinistro, senza più nessun controllo del destro. Infatti erano famosi i suoi rilasci ogni tanto orribili con freccia ugualmente nel dieci. Agiva quindi con due movimenti non sincroni, prima di destro e poi di sinistro. Uscendo però di sinistro, con la muscolatura della schiena si ha una minore possibilità di escursione, rispetto a quello che si ottiene con la rotazione del destro, per cui bisogna posizionare la freccia a pochissima distanza (1 o 2 mm) dallo scatto del clicker. L’azione richiede uno sviluppo ed una potenza particolare della muscolatura della schiena. Il 95% di coloro che cercano questa uscita la ottengono solo a livello mentale e non fisico perché non è alla loro portata. Dopo Mc Kinney qualcun altro ci ha provato e ci ha dato l’impressione di tirare così la coreana Lee Eun Kiung ai Mondiali di Cracovia (1991), dove vinse la qualificazione. La Kiung ha poi fatto il primato mondiale con 1370, ma si è visto che per il femminile è un potenziamento difficile da ottenere. Altri ci sono arrivati per conto proprio, perché non c’è una vera e propria scuola per questa tecnica, ma poi gli allenatori delle squadre nazionali li hanno riportati su tecniche più canoniche. Attualmente tira così Michele Frangilli. Per poter verificare se in effetti l’uscita avviene di sinistro bisogna osservare molto da vicino (50 cm) la punta della freccia sottoclicker, traguardandola con cose molto lontane, e controllare se la punta rimane ferma mentre arco e clicker si spostano avanti. Il risultato della spinta fisica, anche solo mentale, porta l’arco, dopo il rilascio, a "saltare" verso il bersaglio senza girare. Stiamo naturalmente parlando di tiratori di alto livello che si sono potenziati per anni ed esercitati a questa uscita. Per tutti gli altri è una tecnica sconsigliata, perché all’arciere medio che cerca questa uscita può succedere di tutto, di spingere con il polso o distendere il braccio perché non ha forza nella schiena. Con questi modi più pensa di spingere più perde di allungo e di conseguenza di allineamento. Un sintomo che l’uscita avviene di sinistro è quello dello stacco dell’arco dalla mano. L’arciere che esce di destro non avrà mai l’arco che si stacca dalla mano quanto quello che esce di sinistro. Chi riesce ad uscire di sinistro sostiene che può gestire meglio gli errori di rilascio, basta ricordare quello che faceva Mc Kinney. L’uscita anche solo mentale porta a concentrarsi sul braccio sinistro opponendo all’arco una forza in linea con il bersaglio che evita la rotazione dell’arco dopo il rilascio. Uscendo invece solo di destro abbiamo visto, anche ad alto livello, casi di frecce a destra per un cedimento invisibile del sinistro e quindi incomprensibile anche ai tecnici. Questo difetto a livello medio basso e poi molto frequente. Quante volte è successo di trovarsi di fronte a casi apparentemente senza soluzione da mettere in difficoltà qualsiasi tecnico. Una freccia perfettamente in tabella sempre a destra malgrado tutte le correzioni di mirino al punto da non aver più spazio per portarlo dentro, pur avendo indurito al massimo il berger. Questo è il tipico esempio di messa a punto che non deve essere fatta sull’arco ma sull’arciere. Ed esattamente sul braccio sinistro che a ogni rilascio ha un cedimento. In situazioni di vento uscire di destro con la parte sinistra bloccata e la mente concentrata unicamente sul destro comporta dei problemi perché la correzione del vento (contromira) deve avvenire con il sinistro. Mentalmente diventa difficile coordinare due movimenti (sinistro e destro) quando si è abituati a rimanere concentrati solo sul destro. A conferma del vantaggio dell’uscita di sinistro in condizioni di vento è stato storico il 1346 fatto da Mc Kinney ai Mondiali in Turchia (1993) con un vento talmente forte che aveva messo in crisi tutti i tiratori. Mc Kinney aveva dato oltre 20 punti al secondo, il coreano Han quello del record mondiale a 1354. Sull’incolumità delle dita della mano del rilascio abbiamo già accennato. Molti sostengono che uscendo di destro, con la mente concentrata solo sulla mano destra, può facilmente succedere che il rilascio risulti comandato, il che vuol dire che la corda esce battendo sulle dita anche due volte sullo stesso (anulare). Uscendo invece di sinistro la mano destra rimane passiva e viene aperta dalla corda che "attraversa" le dita rilassate senza causare traumi. Quella di sinistro sarebbe l’uscita ideale se non ci fossero tutti i problemi descritti ad eseguirla, difficoltà talmente grandi che fanno dire alla maggioranza degli allenatori che è una strada da non percorrere. Quella principale causata dalla poca escursione obbliga la freccia a un millimetro dal clicker, precisione che difficilmente si raggiunge senza aiutarsi con la vista. Tanto per dare un’idea delle difficoltà diciamo che alcuni di quelli che escono in questo modo correggono con il tornio l’ovalizzazione delle punte delle frecce per avere una caduta dal clicker più veloce e quindi più visibile. Si è arrivati ad una tale sensibilità che per passare dalle frecce al carbonio a quelle metalliche da indoor ci sono problemi ad abituarsi alla differente forma delle punte. Per non perdere tempo, con ore ed ore di esercitazioni, si preferisce non cambiare le frecce, conservando il carbonio anche per l’indoor. Il miglior allenamento per uscire dal clicker, indipendentemente dal sistema usato, è quello di andare in ancoraggio cercando di arrivare ogni volta più vicino possibile al clicker. Questo è un esercizio molto importante con doppia valenza. Primo perché perfeziona la memoria muscolare. Secondo perché aiuta l’arciere a trovare l’allungo ideale. Dalla posizione dei piedi al punto di ancoraggio l’allungo ideale è quello che permette di arrivare tutte le volte il più vicino possibile al clicker senza farlo scattare. È quello che consente una fedeltà di ripetizione più alta. Questa ricerca ad avvicinarsi sempre più allo scatto del clicker ha creato la tendenza a guardarlo cosa che non è vista bene da alcuni allenatori. Sostengono che osservandolo si interrompe l’azione perché nel momento in cui l’occhio passa dal mirino al clicker quasi sempre si allenta la tensione muscolare. La situazione peggiore si ha nei tiratori di basso e medio livello quando ritornano con lo sguardo dal clicker al mirino e se lo ritrovano fuori bersaglio in basso. Nel momento in cui si alzano immancabilmente perdono in allungo e quando tirano o spingono, di quel tanto che ritengono necessario per uscire dal clicker, non succede niente. Questo è il motivo per cui attualmente, ad alto livello, diventa fondamentale, arrivare il più vicino possibile al clicker e conoscere l’esatta distanza dallo scatto. Solo così il tiratore può decidere quando farlo scattare sapendo che si tratta di uscire di una frazione talmente piccola che non crea problemi. Quando la distanza dallo scatto è grande si esce sovente "seghettando", disallineandosi e con la preoccupazione del suono di un altro clicker. L’arciere medio che ha il problema di non farsi ingannare dal clicker di un altro, sensibilizza l’udito al tono del proprio clicker e impara a sentire le vibrazioni dello scatto sull’impugnatura. Alcuni la sentono persino sull’altra mano trasmessa dall’asta della freccia oppure alternano i tiri rispetto al vicino. Sono tutti problemi legati al fatto che, non dominando il momento dello scatto del clicker, lo attendono a sorpresa vivendo quei pochi istanti con grande incertezza. La differenza tra questo tiratore e quello ai vertici è tutta qui. Quest’ultimo il clicker lo comanda e non lo subisce in attesa del suo scatto. Decide lui quando è il momento esatto di uscire mentre la maggioranza è clickerdipendente. Per quelli che temono di rilasciare sul clicker di un altro la prima norma è quella di disincronizzarsi sull’arciere di destra, di quello che vedono. È stato provato, escludendo casi di paranoia dove si ha un sobbalzo su qualsiasi rumore, che il rischio di aprire le dita sul clicker di un altro esiste sull’arciere che si vede, che si ha di fronte, e di cui si teme il suono e in genere, non esiste su quello che si ignora perché non si vede. Seguendo l’evoluzione del clicker c’è infine da ricordare l’ultima "rivoluzione" avvenuta a metà degli anni 90. Contrariamente a quanto si era sempre fatto e predicato in tutte le scuole, i tiratori ai vertici ora affinano la capacità di cambiare i tempi. Con l’Olympic Round e in special modo con la prova a squadre bisogna saper cambiare i tempi, perché chi si ritrova con meno secondi deve saper tirare più in fretta dei suoi tempi abituali. Questo è quello che si pretende dall’arciere moderno. Cambiano molte cose, una rimane fissa e sempre più importante, il perfetto controllo della punta sotto il clicker. L’evoluzione sull’utilizzo del clicker pare non sia ancora terminata. Nuove frontiere si aprono anche se non è detto che abbiano un seguito. Abbiamo visto in allenamento "fare" una distanza con una precisione impressionante e con un nuovo modo di utilizzo. Lo raccontiamo a puro titolo di curiosità. Ancoraggio con punta a un millimetro e forse meno dallo scatto, perfezionamento della mira e successivo passaggio dell’occhio al clicker e rilascio senza più tornare al mirino. Diciamo che è una coraggiosa sperimentazione e non diciamo neanche il punteggio per non tentare di fuorviare qualche arciere dalla sua tecnica ortodossa. L'arcieria nella sua evoluzione è passata attraverso momenti in cui qualcuno ad un certo punto ha fatto una cosa strana, quasi scandalosa, come chi per la prima volta ha attaccato all'arco una lamella metallica chiamandola clinker.

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